Perchè la cultura aziendale è importante

Cos’è la cultura aziendale

La cultura aziendale è quell’insieme di valori che caratterizza l’identità di un’azienda. Inoltre, è anche quell’insieme di valori che l’azienda cerca nei candidati perchè possano diventare parte dalla compagnia.

Nei paesi anglofoni si usa molto dire che quando una persona è adatta alla cultura aziendale è un buon “culture fit”. In concreto significa che il carattere della persona rispecchia il carattere dell’azienda, ed è una persona con cui andresti volentieri a farti una birra insieme.

Mi direte ora che tutte le aziende hanno un’identità, tutte hanno dei valori perchè tutte le persone hanno dei valori.

Non è così.

La cultura aziendale infatti non si limita alla somma dei valori individuali delle persone che vi lavorano. La cultura aziendale è l’insieme dei valori dell’azienda stessa.

In concreto, in un’azienda di 100 persone tutte e 100 possono pensare che essere amichevoli con il prossimo sia cosa buona e giusta. Tuttavia, può darsi che essere amichevoli verso i colleghi non sia parte della cultura aziendale, non è parte dell’identità dell’azienda, non viene chiesto come parte del lavoro e non sia parte dei criteri che si seguono quando si assumono nuove persone.

Ho iniziato ad essere interessata al concetto di cultura aziendale quando mi hanno suggerito di leggere il libro “Delivering happiness”, la storia dell’azienda Zappos. Il fondatore racconta di come prima di lavorare in Zappos avesse creato un’azienda sua dove all’inizio vi era una cultura aziendale molto forte: l’azienda era piccola e fondata da pochi amici, così che i valori che essi avevano deciso di portare avanti come azienda erano ovviamente di lavorare in amonia, collaborazione e rispetto reciproco, con un forte interesse all’innovazione e facendo tutto con grande divertimento, che in ultimo luogo favorisce la creatività.

Ma a causa della rapida crescita dell’azienda in breve tempo dovettero assumere un grande numero di persone senza badare troppo che fossero un buon “culture fit” o meno. In parole povere, iniziarono ad assumere persone che non credevano necessariamente nel lavorare in armonia, nel creare un ambiente di lavoro divertente, nel collaborare e nell’essere creativi. Questo portò la sua prima azienda a perdere la sua cultura, e alla fine, come racconta l’autore nel suo libro, “diventò un posto in cui non volevo più lavorare, e da cui non vedevo l’ora di andare via.”

Questa storia è stata per me molto utile per rivedere tutte le esperienze lavorative che ho avuto in passato e capire che tipo di cultura aziendale c’era. Mi sono presto resa conto che in nessun posto in cui avevo lavorato in passato esisteva una vera e propria cultura aziendale. Se si creava sintonia con i colleghi, tanto meglio, ma non era una cosa che veniva costruita intenzionalmente dalla direzione.

Affascinata da questo concetto ho iniziato a guardare un po’ più da vicino le aziende che davano, da fuori, l’idea di avere una bella cultura aziendale, e mi sono detta: “Se devo lavorare per qualcuno, vorrei lavorare per una di queste aziende.”

Così ho identificato AirBnb, Dropbox, HootSuite, Evernote, HubSpot, Name.com e poche altre.

Ci sono parecchie informazioni online su queste aziende. Vanno fiere della loro cultura aziendale e quindi ci tengono a condividerla all’esterno. Secondo me si può capire la cultura di un’azienda dalla vivacità del loro sito web. Se vedo un sito web molto serioso, so che non mi piacerebbe lavorare lì. Se non vedo foto dei dipendenti sul sito aziendale, so che non mi piacerebbe lavorare lì. Se in generale ho la sensazione che lavorare in quell’azienda sia una noia mortale, non mi piacerebbe lavorare lì.

Ho avuto la fortuna di trovare effettivamente lavoro in una delle aziende che ho menzionato prima. Quando sono entrata in HootSuite ho capito in prima persona il concetto di cultua aziendale.

L’ho vissuto sulla mia pelle e tutti i concetti che prima avevo studiato hanno acquistato senso. In concreto, la cultura aziendale di HootSuite è basata su un forte senso di amicizia. In generale tutti all’interno dell’azienda sono molto amichevoli e quando si assumono nuove persone si cercano persone amichevoli. Può sembrare una banalità, ma questo crea la base per un ambiente sereno che ho raramente trovato in altri posti. In secondo luogo, il divertimento è integrato nella vita aziendale. C’è sempre un clima un po’ di festa, e questo fa sì che alla mattina mentre vado al lavoro ho sempre la sensazione di andare a fare una scampagnata con gli amici.

Terzo, c’è un forte senso di parità. I manager e i manager dei manager sono in realtà persone molto umili e disponibili, che non hanno manie di superiorità e controllo come hanno solitamente i capi di altre aziende.

Ieri mi è capitato di pranzare di fianco al nostro CFO senza sapere che era il CFO e come sempre ho trovato che fosse una persona aperta e amichevole. Solo dopo ho scoperto che era il mio CFO…

Non siamo tenuti a vestire in modo formale, e questo fa sì che l’ambiente sia sempre molto colorato.

Infine, una cosa che adoro: esiste l’abitudine, il venerdì pomeriggio, di finire un’ora prima e prendere una birra insieme dalla spina che abbiamo in ufficio. Sì, esatto, abbiamo una spina di birra in ufficio.

Siamo ormai 600 persone tra i due uffici (Vancouver e Londra) e sono state assunte tante persone molto rapidamente. È difficile mantenere la stessa cultura aziendale, ed è normale che le nuove persone (me inclusa, poichè sono ancora relativamente nuova) apportino il loro bagaglio di esperienze e il loro tocco personale alla comunità. Tuttavia c’è uno sforzo costante di mantenere l’ambiente divertente, costruttivo, sereno. E pare questo funzioni anche a livello di ritorno economico, data la rapidità della nostra crescita..

Forse che lavorare in modo più divertente voglia dire anche lavorare in modo più produttivo?

 

 

 

 

 

 

Cosa sto imparando col mio lavoro in Hootsuite

Sull’imprenditorialità, l’ingegno e il coraggio

Il mio lavoro è fantastico. Come social media coach parlo con le persone e le aiuto a migliorare il proprio business con i social media. Amo aiutare le persone, amo le imprese che lavorano in modo innovativo e amo i social. Quindi direi che ho fatto bingo.

Non è sempre stato così. C’è stato un tempo in cui il business non mi interessava, e i social nemmeno. Ho fatto un liceo linguistico, poi ho preso una laurea in antropologia e insomma, ero proprio in un altro mondo. Un mondo fatto di filosofia, pensieri e di cose eteree. Pensavo che il denaro fosse il male puro, che la tecnologia fosse pericolosa, che gli imprenditori fossero persone egoiste e attaccate ai soldi, e che il capitalismo fosse la causa della povertà di troppi paesi. Sono ancora convinta che il capitalismo nella sua versione più egoistica sia responsabile di tantissimi danni. Nel corso degli anni però ho aperto gli occhi su tante cose, e pur senza rinnegare i miei valori fondamentali ho capito che il denaro non è il male puro, che la tecnologia può essere nostra alleata e che la maggior parte delle imprese sono l’espressione dell’ingegnosità delle persone, non entità maligne che rovinano il mondo. Le piccole e medie imprese sono quelle che fanno avanzare un paese, che sperimentano nuove tecnologie e sono quelle che spesso incontrano le più grandi difficoltà.

In questi due mesi di lavoro con HootSuite ho parlato con tante imprese italiane medio-piccole, tanti liberi professionisti e freelancer che cercano di migliorare il mondo con le loro attività. Nel migliorare il mondo migliorano anche la loro vita poichè si pongono costantemente alla prova e crescono come esseri umani. Capisco cosa voglia dire vivere una vita di incertezza, di continua crescita personale ed evoluzione. Lo capisco perchè l’evoluzione personale è stato il principio che ha sempre guidato la mia vita. Ma non avevo mai applicato questo principio all’ambito professionale. E invece ora parlo con tante imprese che si sforzano di evolvere professionalmente, di accettare nuovi processi e nuovi strumenti come i social media. Sento che a molti costa fatica, lo percepisco nel loro tono e nelle domande. Credo sia normale, perchè il nostro paese ci condiziona ad aver paura del nuovo. Quindi abbiamo un fardello mentale con cui fare i conti prima di aprirci a cose nuove. Ma molti lo stanno facendo e provo molta stima per queste persone e aziende. Mi insegnano cosa sia l’imprenditorialità, l’ingegno e il coraggio.

Mi insegnano molto di più di quanto io non insegni loro, e a loro va il mio grazie più grande.

 

 

Come ho iniziato a lavorare con Hootsuite

Storia di una fortunata appassionata di social media

La mia storia inizia 29 anni fa. La mia storia sui social media ha solo un paio d’anni. E comincia così…

C’era una volta una ragazza italiana con le idee molto confuse. Dopo aver vissuto una giovinezza intensa e travagliata, decide di lasciare la sua città per cambiare aria. Come tanti altri ragazzi subiva il fascino della Spagna, del sole e della gente aperta. Così fa domanda per un progetto di tirocinio europeo. Quando lo vince, lascia il suo lavoro in Italia da 900 euro al mese e va in Spagna, a Siviglia, dove prende ancora meno. Certo, si chiama tirocinio.

La ragazza si gode i mesi in Spagna, dove inizia a fare la traduttrice ora che sa parlare italiano, spagnolo, inglese e francese. Ma purtroppo, con una magra laurea in Antropologia, dura è la strada nel mondo della traduzione. Si trasferisce allora in Inghilterra dove frequenta un master in Traduzione e Interpretariato. Nel mentre, apre un blog sulla traduzione, in cui condividere le sue riflessioni sulle lingue e sul suo lavoro. Continua a lavorare come freelance, ma parallelamente il blog la porta ad appassionarsi sempre di più al mondo del digitale. I social media diventano parte del suo lavoro, perché per promuoversi come freelance bisogna stabilire una presenza online. Era arabo all’inizio, ma poi tutto diventa chiaro, il processo, i meccanismi, quali social usare e come usarli. Il blog viene integrato con Twitter, Facebook, Google Plus, le interviste a traduttori vengono pubblicate su SoundCloud e le foto pinnate su Pinterest. Ogni social è un mondo a parte, con regole sue. Questi mondi diventano la sua passione, tanto che apre un secondo blog, questa volta sui social media. Poiché ha tanti profili comincia a cercare un modo per gestire tutti questi account da una piattaforma unica. Ne scopre diversi: Buffer, TweetDeck, Socialoomph e così via. Ma ce n’è uno che cattura la sua attenzione per efficacia e per simpatia del brand: HootSuite.

Hootsuite diventa strumento fondamentale per programmare gli aggiornamenti, per monitorare le conversazioni sui social, scoprire cosa viene detto attorno a uno specifico tema e cosi via. HootSuite le piace tanto, al punto che inizia a tenere d’occhio l’azienda con sempre maggior interesse. Un giorno scopre che c’è una posizione aperta per un Social Media Coach per l’Italia e la Spagna. Che meraviglia! Aiutare le persone a utilizzare HootSuite, lavorare in un’azienda così giovane e innovativa e internazionale! Fa domanda subito. Purtroppo non ha un titolo in marketing, né un’esperienza specifica. Ma ha provato sulla sua pelle cosa vuol dire dover gestire la propria presenza online per lavoro, e quanto sia difficile farlo manualmente. Magari può portare un punto di vista nuovo dentro l’azienda, e con la sua esperienza in traduzione può rifinire il messaggio nei due nuovi paesi. Pare che funzioni, perché dopo aver visto i suoi blog e ascoltato quello che ha da dire, la assumono. E fu così che una fortunata appassionata di social media iniziò a lavorare con HootSuite, facendo un lavoro fantastico in un’azienda fantastica. L’avventura inizia.

PS: Mi potete ascoltare settimanalmete nei miei webinar dal vivo in italiano e spagnolo che trovate qui: http://learnwith.hootsuite.com/smc-live-europe.

2014-03-05 13.54.19

ToTop