Della vita sulla bicicletta

La bici mi insegna

Bologna

Ho spesso questa tendenza a prendere oggetti della vita quotidiana, vedere come funzionano e trarne lezioni di vita. Una specie di mania compulsiva. Oggi tocca alla bici.

Mi piace tantissimo andare in bici.

Quando vivevo a Bologna, la mia città natale, era proprio fantastico girare per le strade del centro con la mia bici: andare ovunque, senza divieti, anche dove le macchine non possono andare. E poi Bologna dalla bici è ancora più bella.

 

Siviglia

Poi ho vissuto un annetto a Siviglia, una città dove le bici hanno priorità sulle macchine, hanno strade preferenziali e soprattutto, sono (semi) gratis, disponibili in punti di raccolta sparsi in tutta la città. Già, per chi non lo sapesse, Siviglia ha creato un fantastico sistema di bike sharing che funziona davvero.

La bellezza di girare in bici in una città dove c’è sempre il sole e non piove mai…inspiegabile. Pedalare lungo il fiume, nelle stradine del centro, nei parchi, è una fonte di gioia infinita.

Ma cosa ti dà la bici in più dell’andare a piedi o dell’andare in macchina?

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Questo: la bici ha la giusta andatura per godersi le cose.

Ma c’è un altra similitudine che mi affascina tra la vita e l’andare in bici. Quando vai in bici, usi lo sforzo dei tuoi muscoli in modo intelligente. La tua fatica non è buttata al vento, ma ottimizzata dalla catena e dai pedali.Come nella vita, se vai troppo lento ti annoi, se vai troppo veloce non godi delle cose belle intorno a te. Per questo la bici è per me la metafora della giusta andatura.

Quando cammini, la fatica che fai equivale alla distanza che percorri. Insomma, non ti viene regalato niente. Con la bici invece la stessa fatica ti permette di percorrere una distanza dieci volte maggiore. La bici mi insegna a trovare il modo di ottimizzare i miei sforzi. Mi insegna che per ottenere di più non occorre lavorare di più ma lavorare in modo più intelligente.

Cosa occorre per essere felice

Che tipo di felicità

Essere felici è lo scopo della nostra vita. Almeno così ci hanno insegnato.

Ma cosa significa davvero essere felici? Significa avere sempre il sorriso sulle labbra? Significa fare solo quello che ci rende felici? Cosa succede se devo fare cose faticose, per esempio lavorare per tante ore per raggiungere i miei obiettivi: sono felice anche in quei momenti?

Spesso dubbiosa sul valore di questa felicità, ho

iniziato a vedere una differenza tra realizzazione e felicità.

“Realizzazione” è un’idea molto diversa da “felicità”. Io le definisco così:

Felicità: sentirsi felici nel momento presente, per quello che siamo o per quello che facciamo.

Realizzazione: essere felici per quello che si è raggiunto nel lungo termine, anche se ha comportato momenti di non felicità, fatica e sacrificio.

Ho pensato che “realizzazione” fosse un obiettivo molto più solido.

Se il mio obiettivo è essere felice, posso stare un pomeriggio sul divano a guardarmi un film mangiando una torta al cioccolato invece che andare in palestra. Posso decidere di alzarmi tardi la mattina perché mi rende incredibilmente felice dormire invece che alzarmi presto. Posso decidere di non lavorare perché mi rende più felice prendere la macchina e fare un giro. Il problema con questo tipo di felicità è che è molto breve, e se è l’unico tipo che conosciamo dobbiamo continuare a ripetere queste azioni altrimenti non siamo più felici. Inoltre, questa felicità non mi permette di costruire obiettivi a lungo termine che richiedono sforzo e sacrificio, perché sforzo e sacrificio sono l’opposto di felicità. I campioni sportivi non sono sempre felici, almeno dopo la decima ora di allenamento quotidiana, quando sono stanchi ed esausti. Se fondassero le loro scelte su questo tipo di soddisfazione, al primo segno di fatica lascerebbero il campo, perché li rende sicuramente più felici farsi una birra con gli amici che allenarsi fino allo sfinimento al freddo e alla pioggia.

Invece la realizzazione è molto diversa: è la sensazione di aver lavorato sodo per ottenere qualcosa. Una volta raggiunta, questa sensazione è solida e irremovibile. Se ho raggiunto qualcosa, l’ho raggiunto, punto. Ora è mio per sempre, non solo per qualche istante. Che ci sia il sole o la pioggia, continuo a sentirmi realizzata, che sia sul divano o al lavoro o in palestra o per strada continuo a sentirmi realizzata. Che sia di buon umore o di cattivo umore, continuo nel profondo a sentirmi realizzata. Ora, porsi come obiettivo di vita la realizzazione lunga invece che la felicità mi dà la forza di fare cose faticose che sul momento mi rendono infelice. Ma mi va bene farle perché punto a qualcosa di molto più importante. Sono come un pescatore che lascia perdere i pesci piccoli perché vuole un pesce molto più grosso.

La differenza quindi è questa:

  • cercare la felicità ti fa abbandonare obiettivi a lungo termine per ricercare una soddisfazione nel presente.
  • cercare la realizzazione ti dà la forza di fare cose difficili e faticose nel momento presente per ricercare una soddisfazione duratura.

Così ho iniziato a puntare alla realizzazione invece che alla felicità. Questo mi dà la forza di affrontare momenti di non felicità, come lavorare per lunghe ore sui miei progetti anche se sono stanca, studiare costantemente anche se a volte è frustrante accorgersi di non sapere, fare errori e sentirmi stupida. So che questa momentanea infelicità o “discomfort” è la strada che mi porta alla realizzazione, e so che una volta raggiunta, mi sentirò felice ogni volta che mi guardo indietro e vedo la strada che ho fatto.

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